Una lettera al giorno

Erano giorni, ormai, che Sally piangeva silenziosa dietro le tende giallo pallido della sua camera che si era trasformata in poco tempo nell’unico rifugio sicuro che sentiva di avere.
Quelle due parole così dure e perentorie le si erano conficcate come lame nel cuore.

“È finita”. Niente di più.

È proprio vero che in ogni storia c’è sempre chi ama di più. A questa persona è però richiesto anche di soffrire maggiormente. Un dolore difficile da spiegare, soprattutto quando tutto ciò che potrebbe placarlo è proprio ciò che non puoi avere.
Le ore ed i giorni sembravano rintocchi sordi di una campana spenta. Nessun cambiamento, nessuna novità, tutto terribilmente invariato.

Eppure nell’animo così ferito di Sally, il dolore del rifiuto e dell’abbandono stava trasformandosi in un sentimento nuovo, quasi salvifico. Il dolore dell’amore perduto stava diventando rassegnazione.
Ma come tutti i lutti importanti, anche la perdita di un grande amore avrebbe richiesto tempo e forza per lasciare gradualmente il posto ad una piccola grande rinascita.
Capì che era importante chiudere questa storia con delle parole, le stesse che non aveva potuto pronunciare quando lui l’aveva così tristemente lasciata. Quelle parole avevano però ora la possibilità di essere migliori, più ragionate, più dignitose. E soprattutto, ora quelle parole le avrebbero restituito la pace che cercava.

Prese un foglio senza righi ed iniziò a scrivere di getto.

“Ciao amore, o forse sarebbe meglio chiamarti per nome, pensarti già staccato da me. Non è facile, però, te lo confesso. Tu sei già altrove felice e chissà in compagnia di chi mentre io da giorni mi sono rintanata in una camera che ormai è satura dei miei pensieri, delle mie lacrime. Ho deciso che ti scriverò una lettera al giorno, per un numero imprecisato di giorni. In queste parole che ti dedicherò, tu avrai modo di prendermi per mano ed accompagnarmi in un punto dove ci lasceremo per sempre ed io sarò libera di tornare a vivere. Non vedrai mai queste lettere. Tutte queste parole che scorrono come un fiume su questo foglio resteranno mie. Saranno l’addio che non ti ho dato, saranno la voce che non avevo quando mi hai lasciata lì, stordita. Saranno la fune alla quale mi aggrapperò per risalire. E tu mi ascolterai, silenzioso, fino alla fine”.

Quelle parole sembravano lo sfogo rabbioso di una donna innamorata ed abbandonata ma in loro si nascondeva invece tutta la bellezza del mondo femminile che vive con passione, soffre, impazzisce d’amore ma poi sa riappropriarsi di tutto ciò che gli è stato ingiustamente tolto: tempo, sentimenti, follia, serenità.

Si fermò qualche istante a riguardare il fitto nuvolo nero di parole già scritte e poi riprese risoluta la sua nuova terapia.

“Non ho specchi abbastanza coraggiosi da riflettere il volto stravolto dei miei ultimi giorni qui. Sono ferma all’istante esattamente successivo a quello del tuo addio. Il mio smarrimento è iniziato lì. Non voglio che tu mi dia una motivazione valida, né che cambi idea. A me serve solo dirti ciò che penso io. Credo che l’amore, quello vero, sia il privilegio di chi crede nell’eternità dell’essere. Ricordi quando mi scrivesti “ti amo non col cuore ma con l’anima perché un giorno il cuore smetterà di battere mentre l’anima vivrà in eterno”? Io me lo ricordo. Fu il momento nel quale capii che, nonostante tutto ciò che sarebbe potuto capitare tra noi, io non avrei mai più smesso di amarti perché eri impresso indelebilmente in una parte del mio essere destinata a pochi, forse destinata solo a te.
Quando ami con questa forza, quando ami con questa convinzione, ti senti invincibile. Io ero invincibile. Io sono invincibile. Chi ama non perde anche se perde chi ama. Io ho perso te ma non il mio amore per te. Un amore che parla di me, però, e non di te. Parla di ciò che sono, di cosa provo, di cosa spero. Anche ora che tu non abiti più le stanze del mio corpo e del mio tempo”.

Riguardò velocemente il foglio che sotto la sua penna decisa aveva preso vita e pensò che per quel giorno poteva bastare. Chiuse quella pagina piegandola minuziosamente tre volte su se stessa ed uscì fuori in giardino per osservare i meravigliosi colori del giorno che cedeva il passo all’amica sera.

Sembrava che il mondo attorno facesse rispettosamente silenzio per non disturbare chi soffriva. Una lacrima di gratitudine le rigò allora il volto pensando a quanto maestosa e perfetta fosse la vita, nonostante il dolore, a volte anche grazie ad esso.
Uno sbuffo di leggero vento settembrino le carezzò il volto. In quel tocco sentì di non esser sola, di non esserlo mai stata.

Angela M.

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