Un amore contro tutti

Akhila ricordava vagamente i suoi primi anni di vita a Bombay, aveva solo 5 anni quando lei e i suoi fratelli insieme alla mamma erano arrivati in Italia a raggiungere il padre. Era stata come una festa, l’inizio di una nuova vita, un futuro roseo si prospettava davanti ai loro occhi. L’occidente era molto diverso da quello che avevano lasciato in India, i negozi erano pieni di cose belle, cibi appetitosi, giocattoli. All’inizio non era stato facile imparare la lingua, ma era stata fortunata perché i suoi compagni di scuola erano gentili e accoglienti e in poco tempo si era sentita una di loro. Si era sentita ancora più fortunata crescendo, l’attività dei suoi genitori andava bene, e loro avevano una mentalità aperta, le consentirono di frequentare gli occidentali, la lasciarono libera di scegliere gli studi, il cammino che volle intraprendere. E così a 20 anni si era potuta iscrivere alla facoltà di lettere, quella che più rispecchiava il suo animo romantico e che le avrebbe fatto intraprendere la carriera che sognava: quella di insegnante.
Fu lì che incontrò Paolo, stava correndo a lezione come al solito in ritardo, e quasi lo travolse sulle scale della facoltà. I libri le caddero e lui glieli porse, sorridendo intenerito dal suo chiaro imbarazzo. Iniziarono a parlare con una tale semplicità che il cuore di Akhila iniziò subito a battere per quel ragazzo alto, dinoccolato, con un sorriso contagioso. Non aveva molta esperienza, da ragazzina aveva scambiato qualche bacio di nascosto ai giardini, nulla di più. Paolo le fece scoprire la complicità tra due persone, il pensiero costante verso l’altro, il desiderio di stare sempre insieme. Dopo pochi mesi sembrò loro naturale conoscere le rispettive famiglie, erano certi dei sentimenti che li univano, avevano voglia di condividere la loro gioia con i loro cari. Neanche per un momento Akhila aveva pensato che potessero esserci ostacoli. Ne parlò ai genitori una sera dopo cena, con occhi luccicanti e voce emozionata, raccontò loro di essere innamorata e di voler far conoscere il suo amato Paolo, che sicuramente sarebbe loro piaciuto perché era bello, bravo, onesto, simpatico. Non si accorse subito degli occhi scuri di suo padre, dello sguardo che rivolse a sua madre prima di dirle con durezza “Sei un’ingenua, si prende gioco di te. Non permetterò a nessuno di giocare con mia figlia. Tu sposerai un uomo della tua terra”. Per un attimo restò senza parole, non riconosceva in quell’uomo il padre dolce e comprensivo, l’uomo dalla mentalità aperta e dallo spirito intraprendente che li aveva portati a vivere in occidente, che l’aveva lasciata studiare, frequentare i suoi amici. Certo sapeva che c’erano degli indiani che si comportavano così, ma non se lo sarebbe mai aspettata da suo padre. Non ci fu nulla da fare, quando riuscì a parlare e tentò di spiegare quanto Paolo la amasse, il padre non la fece neanche terminare. Decise che sarebbe rimasta in casa, sarebbe potuta andare all’Università solo per fare gli esami accompagnata dalla madre o dal fratello. Guardò sua madre, ma lei distolse lo sguardo. Provo ad implorarlo, a piangere e poi ad urlare, alla fine suo padre le diede uno schiaffo e la mandò in camera sua. Pianse tutta la notte e non poteva neanche confidarsi con il suo amore perché le avevano sequestrato il telefono. Quelli che seguirono furono giorni bruttissimi, suo padre quasi non le parlava, sua madre cercava di consolarla dicendole che avrebbe incontrato un uomo adatto a lei, paventandole anche l’idea che glielo avrebbero fatto conoscere loro. Ma la cosa più brutta era non poter parlare con Paolo, immaginava la sua preoccupazione, lo strazio che anche lui viveva. Un giorno sua madre scese a fare la spesa dimenticando il telefono a casa. Era passato un mese ed evidentemente aveva abbassato la guardia, credeva che ormai si fosse rassegnata. In preda alla smania compose il suo numero, e mentre il telefono squillava senza risposta la disperazione si impadronì di lei. Quando stava per chiudere sentì la sua voce, oh quanto le era mancata! Gli raccontò velocemente cosa era accaduto, con il terrore che la madre tornasse da un momento all’altro. Fu confortata dalle sue parole d’amore. “Fuggiamo” le disse “non voglio vivere senza di te”. Si diedero appuntamento per la notte successiva. Alle 3 lei sgattaiolò fuori dalla porta, Paolo la attendeva sotto casa. Andarono a casa sua, i genitori la accolsero come una figlia, erano proprio come lui, buoni, allegri e sorridenti. Il padre sbraitò, minacciò, ma nulla potè, se non decidere che quella figlia per lui era morta. Akhila tenne duro, le mancava la sua famiglia, ma sapeva di aver fatto la scelta giusta. Si laureò e dopo qualche anno quando tutti e due iniziarono a lavorare si sposarono. I suoi genitori non vollero partecipare al matrimonio e neanche i suoi fratelli. Fu triste, ma non tanto da rovinare la sua felicità. Dopo 5 anni e due figli le arrivò la notizia che suo padre era molto malato. Corse a casa ignorando la paura di essere respinta anche in quel tragico momento. Sua madre era invecchiata e i suoi fratelli annichiliti dalla preoccupazione. Si abbracciarono, come se tutti quegli anni non fossero mai trascorsi e andarono insieme a salutare il padre. Anche lui le sorrise e le disse soltanto “Mi sei mancata” lo abbracciò e non ci fu bisogno di altre parole

B. Biagio

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